Politica e Cronaca Internazionale

Siamo anche esterofili

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  1. ErTigre
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    Tornano i kamikaze, strage a Gerusalemme
    Un massacro all’ora dei salmi e delle letture religiose. Nove ragazzi crivellati di colpi tra gli scranni di una sala di studio e preghiera. Tutt’attorno una decina di feriti, tre dei quali in gravi condizioni. Fuori da quella sala della morte un terrorista palestinese, responsabile dell’incursione, impegnato in una furiosa sparatoria con le forze di sicurezza israeliane. Dura per almeno dieci minuti poi alcuni studenti appoggiati da militari e poliziotti colpiscono e uccidono gli aggressori, riescono a penetrare nella biblioteca e a fornire i primi soccorsi. È finita così, con una strage di studenti religiosi ebraici, una giornata infernale aperta dall’uccisione di un soldato a Gaza, punteggiata da continui lanci di missili sulle cittadine israeliane e conclusa infine da un rappresaglia israeliana costata la vita a quattro militanti della Jihad islamica.
    L’epilogo del giovedì nero scatta poco prima delle 21 quando due palestinesi riescono a penetrare a Merkaz Harav, la più importante scuola rabbinica nella parte occidentale di Gerusalemme. Gli attaccanti sono votati alla morte e al massacro. Sono armati di kalashnikov e granate, più tardi verrà trovata una cintura esplosiva. L’armamentario è nascosto sotto dei cappottoni neri assolutamente uguali a quelli degli altri studenti. È una tecnica già sfruttata in passato per mettere a segno alcuni attentati suicidi nel cuore di Gerusalemme. A facilitare l’incursione contribuiscono le scarse misure di sicurezza e l’ora relativamente tarda dedicata allo studio e al raccoglimento.
    Una volta dentro, i terroristi non trovano nessuno a fermarli. Quando s’affacciano alla sala e tirano fuori le armi gli studenti sono in loro balìa. Non possono far altro che cercar di buttarsi a terra, sperare di evitare i colpi. Più che un attacco è una mattanza. I colpi di kalashnikov crivellano gli studenti più vicini all’entrata, feriscono gravemente gli altri. (ilgiornale.it)
     
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  2. bross5
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    Spagna, voto insanguinato
    L'Eta uccide ex assessore socialista


    Morto un esponente socialista di Mondragon. Zapatero: «Prenderemo i responsabili»

    MADRID - L'Eta irrompe nella campagna elettorale spagnola: un ex assessore comunale socialista è stato assassinato a due giorni dalle elezioni politiche. L'omicidio a Mondragon, nel paese basco, dove un esponente socialista, il 42enne Isaias Carrasco, è rimasto ucciso venerdì dopo essere stato raggiunto da colpi d'arma da fuoco davanti alla sua abitazione. L'uomo è stato colpito davanti agli occhi di moglie e figlia, secondo quanto riferisce un testimone alla Cnn, le quali si sono piegate sul corpo insanguinato gridando «Assassini, Assassini». Secondo la polizia l'uomo è morto mentre veniva trasportato in ospedale.

     
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  3. laura^
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    partito socialista festeggia. Ai Popolari di Rajoy il 40%
    Il premier: "Governerò con il dialogo, con mano ferma ma tesa"
    Spagna, al Psoe il 44% dei voti

    Zapatero: "Una vittoria chiara"

    MADRID - Il Psoe di Josè Luis Zapatero non solo vince le elezioni ma amplia la sua maggioranza in Parlamento. Nelle elezioni precedute dall'omicidio dell'esponente socialista Isaias Carrasco nei Paesi Baschi, gli spagnoli hanno confermato senza ombra di dubbio la fiducia al primo ministro: quando sono stati scrutinati il 95,35% dei voti, i socialisti hanno il 43,74% dei consensi e 169 seggi contro il 40,13% e i 153 seggi del Partito popolare di Mariano Rajoy. Va comunque sottolineato che anche i Popolari hanno aumentato il proprio bacino elettorale e la propria forza parlamentare. In calo invece il Partito nazionale basco (Pnv), l'estrema sinistra di Izquierda Unida e gli indipendentisti catalani di Erc (queste ultime due forze politiche hanno sostenuto l'esecutivo di Zapatero nelal scorsa legislatura). Tengono i nazionalisti moderati catalani di Convergenza e Unione. Alta l'affluenza alle urne, attorno al 75%, sui livelli record delle precedenti politiche, che si erano svolte nel marzo 2004 all'indomani delle stragi dei treni di Madrid firmate da Al Qaeda.

    Mentre a Madrid, davanti al quartier generale del partito del premier, i sostenitori festeggiano e sventolano bandiere, Josè Luis Zapatero tira le somme: "Una vittoria chiara". Quindi traccia il cammino: "Governerò per tutti, ma soprattutto per coloro che non hanno tutto" e "per far diventare realtà le aspirazioni delle donne". E ancora: "Governerò con mano ferma ma tesa" verso gli altri e "per mantenere il nostro impegno con l'Europa, la pace e lo sviluppo".

    "Gli spagnoli hanno deciso di avviare una nuova tappa", illuminata dal "dialogo sociale e politico", ha continuato Zapatero, che ha ricordato Isaias Carrasco e le altre "vittime del terrorismo".

     
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  4. dango
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    Credo che L'ETA sia la formazione terroristica più longeva e ad oggi più pericolosa dell'intera Europa; sopravvissuta alle BR e anche all'IRA...povero Zapatero che brutta gatta da pelare!!!
     
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  5. laura^
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    12/3/2008 - Primarie

    Obama vince anche in Mississippi


    Il senatore democratico di Chicago Barack Obama ha vinto le primarie del suo partito in Mississippi. Confermando il copione previsto dai sondaggi, Obama ha battuto facilmente la senatrice di New York Hillary Clinton. Nello Stato sono in palio 33 delegati, assegnati con il sistema proporzionale ai candidati, e sette super delegati, liberi di scegliere liberamente un candidato per la presidenza.

    Obama è stato sostenuto dal consueto plebiscito degli elettori afroamericani, oltre il 90 per cento ha votato per lui. Che il senatore democratico di Chicago abbia ottenuto un nuovo trionfo nelle primarie di questa notte in Mississippi è notizia che passa quasi inosservata. Nel profondo sud Obama ha battuto l’ex first lady Hillary Clinton sull’onda del sostegno dell’elettorato afroamericano. In suo favore con un vero e proprio plebiscito: il 92% contro il 7% di Clinton.
    Ma tre quarti dell’elettorato bianco hanno votato per la senatrice di New York e contro di lui, un ulteriore segnale che le divisioni di carattere razziale sono diventate una realtà nella campagna elettorale democratica.

    Per i democratici tuttavia dal Mississippi arriva un altro segnale di divisione, il prodotto forse del violento scambio di accuse tra i due candidati nelle ultime settimane. Il clima di fair play e i sogni di ’dream team’ sembrano tramontati: oltre il 70 per cento dell’elettorato di Clinton non sarebbe soddisfatto se Obama vincesse la nomination, né lo vorrebbe al fianco dell’ex first lady come candidato alla vice presidenza. Tra gli elettori di Obama, più della metà storce il naso all’idea di una vittoria di Clinton.
    È il clima che prepara l’ennesima sfida delle sfide, il 22 aprile in Pennsylvania con una campagna lunghissima, sei settimane nel corso delle quali non ci saranno altri appuntamenti con le primarie del partito. Con i repubblicani già impegnati nella raccolta dei fondi per la campagna presidenziale di John McCain, i democratici si preparano a una nuova stagione di veleni.

    L’ultimo subbuglio in campagna elettorale lo ha creato Geraldine Ferraro, candidata alla vice presidenza con Walter Mondale nel 1984, secondo la quale Obama è nella posizione in cui è soltanto grazie al colore della sua pelle. Ferraro, responsabile della raccolta fondi della campagna elettorale di Clinton, ha costretto la senatrice a sconfessare la dichiarazione, ma lungi dallo smorzare i toni Ferraro ha rincarato la dose: le critiche per le sue dichiarazioni sono giustificate ancora una volta dal colore della pelle, la sua, bianca.

    Per Obama, a Chicago, non ci sono stati questa notte discorsi di vittoria, ma un giro di pacate interviste con i network televisivi. Silenzio dopo il voto anche da Clinton, che ha affidato alla responsabile della sua campagna elettorale Maggie Williams i complimenti a Obama per la vittoria, con l’invito a «guardare avanti alla sfida della Pennsylvania» dove Clinton è in testa nei sondaggi e sicura favorita.



     
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  6. ErTigre
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    Sexy scandalo, Spitzer si dimette
    "Sesso anale senza preservativo"

    Il governatore di New York, Spitzer, si dimette dopo lo scandalo a luci rosse. Oltre 4mila dollari per una notte di sesso sfrenato con Kristen. "Ha gusti difficili e poco sicuri: sesso anale senza preservativo".
    C'è imbarazzo in casa democratica, perchè Spitzer è un seuperdelegato che ha appoggiato la candidatura di Hillary Clinton. La senatrice per ora tace.
    Mercoledí 12.03.2008 15:12 Affari italiani
     
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  7. laura^
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    io 'sti americani non li capisco.....sono dei finti puritani...
    hanno messo alla gogna Clinton perche' se la faceva con la stagista,un po' di mesi fa un repubblicano ha dovuto dimettersi perche' (al di la' delle foto della famiglia felice) aveva un'amante di 30anni piu' giovane di lui, ora questo che sembra avere dei gusti un po' bizzarri....
    MA CHI SE NE FREGA!
     
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  8. ErTigre
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    Iraq: morto il vescovo rapito a Mosul
    Papa: «Ora impegno comune per la pace»
    Nessun segno di violenza. Rapito il 29 febbraio all'uscita dalla chiesa. Tre accompagnatori erano stati uccisi

    MOSUL - È stato trovato morto monsignor Paulos Faraj Rahho, l'arcivescovo caldeo rapito a Mosul lo scorso 29 febbraio. Lo ha detto mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Bagdad. «Lo abbiamo ritrovato privo di vita nei dintorni di Mosul. I rapitori lo avevano sepolto», ha riferito alla agenzia Sir della Conferenza episcopale italiana. «I rapitori già mercoledì ci avevano detto che mons. Rahho stava molto male, poi ci hanno detto che era morto», ha detto mons. Warduni. «Stamattina ci hanno telefonato per dirci che lo avevano sepolto. Alcuni nostri giovani hanno seguito le indicazioni fornite dai rapitori per raggiungere il luogo. Qui hanno scavato e hanno visto il vescovo privo di vita».

    NESSUNA TRACCIA DI VIOLENZA - Sul corpo del vescovo non sarebbero state rinvenute tracce di violenza, ha detto una fonte del vescovato caldeo di Mosul. Secondo l'autopsia «il vescovo è morto da cinque giorni». Lo rivela AsiaNews, agenzia del Pontificio istituto missioni estere. «Dopo la biopsia del cadavere da parte dei medici legali è emerso che il vescovo è morto di morte naturale», ha svelato una fonte del vescovado caldeo. «Il suo corpo non porta segni di ferite o di violenze subite». Secondo la fonte, il corpo di Rahho «è stato trovato sulla base di una precisa descrizione del sito fornita dai rapitori, ma la zona indicata - l'area di Matahin, vicino al quartiere industriale di Mosul, sulla strada verso Erbil - era totalmente circondata da quattro giorni dalle forze di sicurezza».

    RAPITO - Mons. Rahho era stato sequestrato all'uscita dalla chiesa del Santo Spirito dopo la celebrazione della Via Crucis nella città irachena del nord e le tre persone che erano con lui erano state uccise. Sembrava nei giorni scorsi che si fossero avviate trattative con i rapitori per il rilascio del religioso. Fonti vicine al patriarcato di Mosul citate dal sito web iracheno Ankawa affermano che era stato chiesto un riscatto di un milione di dollari, salito poi a 2,5 miloni forse da un secondo gruppo a cui sarebbe stato venduto l’ostaggio.

    IL DOLORE DEL PAPA - Il Papa ha espresso in un telegramma inviato al patriarca caldeo Emmannuel Delly III. la sua «deplorazione per un atto di disumana violenza che offende la dignità dell'essere umano e nuoce gravemente alla causa della fraterna convivenza dell'amato popolo iracheno».
    In precedenza il direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, aveva spiegato che Benedetto XVI era stato «subito informato» dell'accaduto, rimanendo «profondamente colpito e addolorato», augurandosi però che «questo tragico evento richiami ancora una volta e con più forza l'impegno di tutti e in particolare della comunità internazionale per la pacificazione di un Paese così travagliato». Benedetto XVI nei giorni scorsi aveva rivolto un appello per la liberazione del vescovo rapito. (corriere.it)
     
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  9. laura^
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    Pechino parla di dieci vittime e dà la colpa all'opposizione
    Per il governo tibetano in esilio i caduti sono 100: "Intervenga l'Onu"
    Tibet, strage nelle vie Lhasaguerra di cifre sul numero di morti
    L'appello del Dalai Lama: "La Cina smetta di usare la forza"


    PECHINO - Adesso Pechino ammette che negli scontri di Lhasa ci sono stati dei morti. Almeno dieci dice l'agenzia Nuova Cina che attribuisce la responsabilità delle vittime ai manifestanti tibetani:
    "Le vittime sono tutte civili innocenti, bruciati a morte". Tra loro vi sarebbero due dipendenti di un albergo e due negozianti. Ancora le stesse fonti parlano di un centinaio di negozi saccheggiati.

    Ma il bilancio, secondo il governo tibetano in esilio a Dharamsala, nel nord dell'India, sarebbe molto più drammatico. I morti, soprattutto manifestanti, sarebbero cento. Nel darne comunicato, il governo in esilio ha chiesto l'apertura di una inchiesta da parte dell'Onu con l'invio immediato di rappresentanti a Lhasa che intervengano a porre fine alle numerose violenze cinesi che rappresentano violazioni continue dei diritti umani.

    Il Primo Ministro del governo tibetano in esilio, Samdhong Rinpochè, ha poi affermato di "sperare che la Cina, che ha messo fine nel passato al movimento democratico di piazza Tienanmen, agisca in questa situazione con compassione e saggezza".
    -_- La tv cinese intanto ha mandato in onda delle immagini da Lhasa tutte tese a sostenere la tesi della violenze perpetrate dalla protesta: nei video si vedono solo manifestanti che attaccano negozi e alberghi. -_-

    E da Dharamshala, sede del governo tibetano in esilio, una seconda ondata di tibetani ha deciso di opporsi agli ordini del governo indiano riprendendo la marcia verso il Tibet. Mentre 102 tibetani sono ancora in carcere, un secondo gruppo di 44 persone è partito stamattina alle 10. "Le proteste coraggiose dei tibetani in Tibet - ha dichiarato Chime Youngdrung, presidente del partito nazionale democratico del Tibet - ci hanno reso ancor più determinati nel voler continuare questa marcia e portarla a termine. Poichè siamo testimoni di una escalation di violenze da parte del governo cinese a Lhasa, crediamo che sia importante per noi ritornare a casa per riunirci con i nostri fratelli e sorelle che stanno combattendo per sopravvivere sotto l'occupazione cinese".

    da LaRepubblica.it
     
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  10. laura^
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    Kosovo, attacco ai militari Nato feriti undici poliziotti dell'Onu

    BELGRADO - Colpi di armi automatiche sono stati esplosi stamani contro i soldati della forza Nato Kfor a Kosovska Mitrovica, città etnicamente divisa nel nord del Kosovo. L'attacco è partito mentre i militari dell'Alleanza tentavano di sgomberare il tribunale della Nato occupato da una cinquantina di nazionalisti serbi. Undici agenti dell'Unmik e due soldati della Kfor sono rimasti feriti. Subito dopo gli scontri la polizia dell'Unmik (la missione Onu), ha ricevuto l'ordine di ritirarsi dalla città non essendo più in grado di controllare la situazione. "E' stato dato l'ordine alla polizia Unmik di ritirarsi a causa delle rivolte in corso", ha detto una fonte ufficiale.
     
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  11. ErTigre
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    Tibet: 19 manifestanti uccisi in Cina. La protesta non si ferma.
    La situazione in Tibet è grave, ci preoccupa". Lo ha detto il ministro degli Esteri, Massimo D'Alema


    Il governo tibetano in esilio a Dharamsala ha annunciato che 19 manifestanti tibetani sono stati uccisi oggi in Cina, nella provincia del Gansu nel nord ovest del Paese. Manifestazione di cinquecento monaci.Il ministro degli Esteri italiano convoca alla Farnesina l’ambasciatore cinese. Il Dalai Lama pronto alle dimissioni.
    La scadenza dell'ultimatum non ferma le proteste in Tibet. Secondo fonti tibetane e di organizzazioni dei diritti umani, questa mattina 500 monaci del monastero Choepel Shing hanno manifestato a Dogo, nella contea di Chone (Zhouni Xian in cinese). Sempre le stesse fonti riferiscono di nuovi arresti a Lithang, dove la polizia è intervenuta per fermare un'altra manifestazione di monaci.

    La situazione in Tibet è grave, ci preoccupa". Lo ha detto il ministro degli Esteri, Massimo D'Alema, spiegando che oggi, nell'incontro convocato alla Farnesina con l'ambasciatore cinese, saranno espresse le preoccupazioni del governo italiano, "la richiesta che cessi la repressione, che possano andare in Tibet gli osservatori internazionali e che si apra un dialogo col Dalai Lama in vista di soluzioni possibili che non mettano in discussione l'integrità della Cina". Il titolare della Farnesina, che si trova a Lecce per una serie di incontri elettorali, ha aggiunto che il Dalai Lama non chiede affatto l'indipendenza del Tibet ma il rispetto dei diritti nazionali del popolo tibetano". (ItaliaNews)
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  12. laura^
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    CITAZIONE (ErTigre @ 18/3/2008, 13:12)
    La situazione in Tibet è grave, ci preoccupa".

    Ma nessuno fara' niente per fermare i cinesi -_-
    Gli USA hanno un debito spaventoso verso il governo di Pechino e Bush ha detto che la Cina e' "democratica" come sempre la logica economica ha la meglio su quella politica -_-
     
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  13. laura^
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    La Cina risponde a Ratzinger
    La Cina ha risposto oggi con durezza all’appello di Papa Benedetto XVII a risolvere la crisi tibetana con dialogo e tolleranza. «La tolleranza non può esistere per i criminali - ha detto in conferenza stampa il portavoce del Ministero degli Esteri Qin Gang - essi devono essere puniti secondo la legge». :(
    Pechino: «Usiamo la forza come deterrente estremo»
    I media statali cinesi hanno per la prima volta ammesso che la protesta dei tibetani si è estesa ad altre province della Cina. È il primo riconoscimento ufficiale dell’estensione della protesta. Ma se da una parte c'è l'ammissione dei disordini, dall'altra il governo cinese continua a non reagire all'accusa secondo la quale la polizia ha aperto il fuoco contro i manifestanti tibetani. Particolare silenzio sulle vicende della località di Aba, dove venerdì scorso i paramilitari hanno ucciso 18 tibetani, tra cui un bambino di 8 anni. Pechino ha solamente rivendicato l'uso della forza come «deterrente estremo».

    Il governo cinese stringe così la morsa attorno ai rivoltosi tibetani inviando centinaia di camion e migliaia di soldati in assetto di guerra, nella regione himalayana. Secondo alcuni testimoni, i convogli militari si dirigono verso il Tibet, mentre l’esercito ha rafforzato la sicurezza anche nelle province cinesi confinanti. Un reporter della Bbc ha riferito che più di 100 veicoli si stanno dirigendo verso il Tibet attraverso i valichi montuosi della Cina occidentale. Il reporter della Bbc non ha rivelato dettagli geografici più precisi per non incappare nella censura cinese. «Negli ultimi due giorni ho visto un numero crescente di militari diretti verso il confine tibetano, ma stavolta si tratta di un dispiegamento ancora più consistente. Sembra proprio che la Cina abbia deciso di aumentare sensibilmente la sua presenza militare in Tibet».
     
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  14. dango
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    da Repubblica.it

    ATENE - Una fiamma olimpica contestata, quella accesa nel corso di una solenne cerimonia nell'antico sito di Olimpia, in Grecia. Un'occasione, com'era prevedibile, per spostare l'attenzione sulla questione tibetana. A sostenere la protesta anche due membri di Reporters sans Frontières, fra cui il fondatore dell'associazione, Robert Menard, che hanno distratto il servizio d'ordine permettendo a un tibetano di sventolare per qualche istante una bandiera nera, con un paio di manette formate dai cinque anelli olimpici, alle spalle di Liu Qi, presidente del comitato organizzatore di Pechino 2008. Le immagini, in mondovisione, sono state brevemente oscurate dalla tv cinese che, per scongiurare incidenti, le ha trasmesse in differita.


    Le contestazioni. Proseguiranno fino all'8 agosto, giorno dell'apertura dei Giochi, le azioni di disturbo inaugurate oggi da Rsf. Lo annuncia lo stesso Menard, fermato dalla polizia greca con altri due militanti: "Vogliamo che i capi di Stato stranieri boicottino l'apertura dei Giochi. Non abbiamo niente contro le Olimpiadi o contro gli atleti, ricordiamo agli Stati che la Cina è la più grande prigione del mondo". E una tedofora thailandese, Narisa Chakrabongse, presidente della Green World Foundation, annuncia che per protesta non porterà la fiaccola: "Voglio mandare un messaggio alla Cina, le sue azioni non possono essere accettate dalla comunità internazionale. La sua politica nei confronti del Tibet va rivista con urgenza".
    Oltre 20 fermati. Oltre al gesto di Menard, circa dieci manifestanti hanno tentato, senza successo, di ostacolare la corsa del primo tedoforo, il greco Alexandros Nikolaidis. La polizia riferisce che in totale sono state fermate 25 persone.

    Il viaggio della torcia. La torcia portata da circa quattromila tedofori di tutto il mondo percorrerà, nei prossimi 130 giorni, 137 mila chilometri, fino a Pechino, passando anche per il Tibet. I Giochi si concluderanno il 24 agosto.

    "No al boicottaggio". Il presidente del Comitato olimpico, Jacques Rogge, torna a escludere qualsiasi ipotesi di boicottaggio: "Nessuno dei grandi leader internazionali lo vuole, rispetto l'opinione delle organizzazioni umanitarie, ma non sono rappresentative dell'opinione dei loro Paesi". A chi critica il silenzio del Comitato davanti alle violenze tibetane, Rogge esprime la speranza che i Giochi possano rappresentare la leva del cambiamento in Cina: "Sono impegnato in un'attività negoziale silenziosa con Pechino".

    Nuovi scontri in Cina. In Cina non si ferma la protesta. Un poliziotto cinese è stato ucciso e alcuni altri sono rimasti feriti durante una manifestazione nella provincia del Sichuan, ampiamente popolata da tibetani. Secondo le autorità cinesi, 381 persone coinvolte negli scontri si sarebbero arrese alla polizia. Esuli tibetani riferiscono di manifestazioni, sabato, nella contea tibetana di Chentsa, nella provincia del Qinghai e presso il monastero di Makur Namgyaling. Le fonti aggiungono che lo scorso 16 marzo, a Aba, nella provincia del Sichuan, 23 persone sarebbero state uccise dalla polizia, che avrebbe fatto fuoco sui manifestanti. Nuove proteste anche a Kathmandu, in Nepal, dove la polizia ha arrestato circa 400 persone, in gran parte esuli tibetani.


    Le vittime. Il sito ufficiale del governo tibetano in esilio afferma che il bilancio dei morti delle scorse settimane, a Lhasa, capitale del Tibet, e in altre province della regione è salito a 140. Il precedente bilancio degli esuli era di 99 vittime, mentre quello delle autorità di Pechino è di 19 morti, di cui 18 civili cinesi "innocenti" uccisi dai manifestanti, e un poliziotto.

    Pechino accusa la stampa straniera. La Cina accusa ancora la stampa internazionale di "distorcere la realtà" nel riferire delle violenze in Tibet. L'agenzia ufficiale Nuova Cina punta l'indice in particolare contro l'americana Cnn, perché ha mandato in onda una foto dell'agenzia France Press dalla quale sarebbero stati "tagliati" i manifestanti tibetani che tiravano pietre contro due veicoli militari. Il Tibet è stato chiuso alla stampa e agli osservatori indipendenti e, alla luce delle ripetute accuse epsresse da Pechino, è improbabile che venga riaperto nel prossimo futuro.
     
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  15. laura^
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    Secondo pacereporter.it alla fine del 2007 questa era la situazione nel mondo:
    29 guerre attive di molte non si conoscono i dati....
    1. Iraq 80 mila morti dal 2003
    2. Israele-Palestina 5 mila morti dal 2000
    3. Libano 1.200 dal 2006
    4. Turchia-Kurdistan 40 mila morti dal 1984
    5. Afghanistan 25 mila morti dal 2001
    6. Pakistan-Waziristan 3 mila dal 2004
    7. Pakistan-Balucistan 450 morti dal 2005
    8. India-Kashmir 90 mila morti dal 1989
    9. India-Nordest 50 mila morti dal 1979
    10. India-Naxaliti 6 mila morti dal 1967
    11. Sri Lanka-Tamil 68 mila morti dal 1983
    12. Birmania-Karen 30 mila morti dal 1988
    13. Thailandia-Sud 2 mila morti dal 2004
    14. Filippine-Mindanao 150 mila morti dal 1971
    15. Filippine-Npa 40 mila morti dal 1969
    16. Russia-Cecenia 250 mila morti dal 1994
    17. Georgia-Abkhazia 28 mila morti dal 1992
    18. Georgia-Ossezia 2.800 morti dal 1991
    19. Algeria 150 mila morti dal 1991
    20. Costa d’Avorio 5 mila morti dal 2002
    21. Nigeria 11 mila morti dal 1999
    22. Ciad 50 mila morti dal 1996
    23. Sudan-Darfur 250 mila morti dal 2003
    24. Rep.Centrafricana 2 mila morti dal 2003
    25. Somalia 500 mila morti dal 1991
    26. Uganda 20 mila morti dal 1986
    27. Congo R.D. 4 milioni di morti dal 1998
    28. Colombia 300 mila morti dal 1964
    29. Haiti 1.500 morti dal 2004


    Cina - 30.3.2008 11:10:00
    Nuove proteste a Lhasa. Armi trovate in monastero nel Sichuan
    Stando a quanto afferma il governo tibetano in esilio in India, ieri sera nuove proteste anticinesi si sono verificate a Lhasa: centinaia di monaci hanno manifestato davanti ai monasteri di Ramoche e Jokhang, ma la polizia militare cinese è intervenuta disperedendo i manifestanti e circondando i due edifici religiosi. Questa mattina le autorità cinesi hanno dichiarato di aver rinvenuto ieri "30 pistole, 498 proiettili, due chili di esplosivo e molti coltelli" durante un raid nel monastero di Geerdeng, contea di Aba, nella provincia del Sichuan, nel quale sono stati 26 monaci sospettati di aver preso parte a proteste violente verificatesi in zona.
     
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388 replies since 25/2/2008, 14:19   3354 views
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