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  1. patna
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    Mi dispiace ancor di più non aver potuto vedere DApporto - :(
     
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  2. #Cristina#
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    CITAZIONE (#Cristina# @ 17/1/2009, 11:57)
    domani pomeriggio andrò a vedere "Faust" con Glauco Mauri e Roberto Sturno.....i casi sono due: o mi farò una gran cultura o una gran dormita..... ehehheh
    :sleepysmileyanim.gif:
    vi farò sapere

    sono appena tornata e sono entusiasta....tutt'altro che dormire....sono due ore e mezza di intense emozioni, di pathos, di spettacolo per gli occhi, le orecchie e il cuore!
    dando per scontata l'immensa bravura dei protagonisti, e l'ottima professionalità di tutto il cast, si resta anche abbagliati dalla bellezza di scene, effetti musiche e costumi....
    un testo difficile, a tratti pesante, che non riuscirò mai a leggere per intero su libro, reso su quel palco così interessante, vivo e pieno di passione, che alla fine si avrebbe voglia di ricominciare a vederlo daccapo!

    se vi capita, non ve lo perdete!

    :clap.gif: :clapping.gif: :clap.gif: :clapping.gif: :clap.gif: :clapping.gif: :clap.gif: :clapping.gif:

    SPOILER (click to view)
    p.s. girls only: se andate, portatevi il binocolo e non vi perdete la bellezza di Alessandro Scavone :wub: :ops.gif:


    Edited by #Cristina# - 18/1/2009, 21:12
     
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  3. #Cristina#
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    p.s. dimenticavo..... se cliccate QUI potrete vedere anche delle bellissime foto di scena....
     
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  4. laura^
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    CITAZIONE (#Cristina# @ 18/1/2009, 20:35)
    CITAZIONE (#Cristina# @ 17/1/2009, 11:57)
    domani pomeriggio andrò a vedere "Faust" con Glauco Mauri e Roberto Sturno.....i casi sono due: o mi farò una gran cultura o una gran dormita..... ehehheh
    :sleepysmileyanim.gif:
    vi farò sapere

    sono appena tornata e sono entusiasta....tutt'altro che dormire....sono due ore e mezza di intense emozioni, di pathos, di spettacolo per gli occhi, le orecchie e il cuore!


    se vi capita, non ve lo perdete!

    :clap.gif: :clapping.gif: :clap.gif: :clapping.gif: :clap.gif: :clapping.gif: :clap.gif: :clapping.gif:

    SPOILER (click to view)
    p.s. girls only: se andate, portatevi il binocolo e non vi perdete la bellezza di Alessandro Scavone :wub: :ops.gif:

    io e la Pat andremo a vederlo viene a Genova per la meta' di aprile :rolleyes:
     
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  5. patna
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    Bene vuol dire che vale la pena di vederlo
     
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  6. #Cristina#
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    CITAZIONE (patna @ 19/1/2009, 20:52)
    Bene vuol dire che vale la pena di vederlo

    indubbiamente!!! e ricordatevi del binocolo ;)
     
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  7. laura^
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    CITAZIONE (#Cristina# @ 20/1/2009, 12:12)
    CITAZIONE (patna @ 19/1/2009, 20:52)
    Bene vuol dire che vale la pena di vederlo

    indubbiamente!!! e ricordatevi del binocolo ;)

    la Pat lo ha sempre in borsa: e' una strega previdente :P
     
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  8. patna
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    Domenica al teatro della Corte andremo a vedere Gomorra -
     
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  9. laura^
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    LA BELLA UTOPIA
    LAVORATORI DI TUTTO IL MONDO RIDETE



    Di e Con MONI OVADIA



    La storia dell'URSS da Lenin a Elstin ( con un piccolo accenno allo zarino Putin) vista dal punto di vista degli ebrei lavoratori.

    Uno spettacolo di tre ore che vola via leggero.
    Canzoni struggenti, musiche, memorie, tracce poetiche, confessioni, barzellette, immagini di quello stato perduto che era l’Unione Sovietica, una nazione popolata da donne e uomini che in quel tempo e in quello spazio vissero, morirono, amarono, soffrirono, gioirono e sperarono e che da quello stato vennero ingannati, traditi nelle loro convinzioni più profonde.

    Ovadia ci dice da subito che la rivoluzione russa, quella del 1917, è stata un punto fermo, di svolta epocale nella lotta contro lo sfruttamento delle masse lavoratrici e per la conquista dell’eguaglianza e della pari dignità di interi popoli.
    Nello svolgimento dello spettacolo non si nega il fallimento di chi si fece interprete di queste istanze, non si nascondono gli errori e gli orrori compiuti fin dagli albori della rivoluzione, non si risparmia nulla a Stalin e ai burocrati rossi, eredi intramontabili di quelli zaristi.
    Ma si si rifiuta la tesi di coloro che vogliono assimilare le varie presidenze sovietiche inneggiando invece ad elstin come grande "democratico" perche' così fa comodo pensare in Occidente, e si va contro la tesi di chi vuole cancellare con un colpo di spugna gli ideali che mobilitarono milioni di uomini convinti di poter costruire un mondo diverso, libero dal mercato e del profitto.

    L’utopia non si tocca! Perché a questo punto –sottolinea molto bene Ovadia – dovremmo cancellare anche il cristianesimo con il messaggio rivoluzionario delle sue Beatitudini e l’ebraismo con l’utopia della Torah.
     
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  10. dango
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    CITAZIONE
    L’utopia non si tocca! Perché a questo punto –sottolinea molto bene Ovadia – dovremmo cancellare anche il cristianesimo con il messaggio rivoluzionario delle sue Beatitudini e l’ebraismo con l’utopia della Torah

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    Concetto interessantissimo per il paragone che propone e tuttavia non riesco a condividerlo fino in fondo. Credo che si potrebbero spendere milioni di parole sulla questione, ma per necessità mi limito a questa considerazione: "l'utopia" ebraica e quella cristiana nascono proprio per non essere di questo mondo, sicchè la loro immortalità è garantita dalla possibilità di preservare l'utopia dal suo peggior nemico: la realtà ed il confronto con essa.
    Al contrario certi ideali che sono propri del Comunismo Russo sono nati nel tentativo di essere calati nella realtà, e se gli ideali non si toccano perchè hanno un loro valore intrinseco che è indipendente dalla capacità di concretarli, questa di utopia, essendo destinata a questo mondo, non ha potuto sfuggire il confronto con la realtà.
     
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  11. laura^
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    INTERVISTA A MONI OVADIA

     
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  12. Cettinina
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    IL GRAN RITORNO DI CORRADO GUZZANTI CON "RECITAL"
    "La crisi in Italia?
    Un cetriolo globale"



    http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezion...42532girata.asp
     
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  13. laura^
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    Napoli ricomincia dal teatro fra sotterranei e periferie
    di Rossella Battisti

    Napoli teatro festival seconda tappa. Una riconferma in molti sensi: prima di tutto nella strategia di rassegna mutante e diffusa già delineata lo scorso anno e che Renato Quaglia, direttore e anima pensante del festival, puntualmente ha ribadito. Ancora, dunque, una Napoli attraversata capillarmente da una miriade di piccoli e grandi appuntamenti nell’arco di un mese (4-28 giugno). Si useranno gli spazi classici (San Ferdinando, il Trianon e, quest’anno collabora anche il restaurato San Carlo), quelli «significativi» per la «nuova» Napoli (lo sperimentale e audacissimo Auditorium-teatro di Scampia e il Teatro della Legalità ricavato da un sequestro al clan dei casalesi), i consueti spazi alternativi (cortili, chiese, palazzi storici) e quelli imprevisti: il Festival gioca a scompaginare la città, alternando l’alto col basso, secondo «uno dei segni distintivi di Napoli e della cultura contemporanea», commenta il presidente della Regione, Antonio Bassolino.

    Così i Muta Imago, protagonisti della nuova scena italiana, sono chiamati a esplorare il «ventre» della città partenopea: Primo passo nelle città di sotto si svolgerà nei sotterranei di Napoli, mentre l’argentino Rodrigo Pardo si muoverà sul tetto: ROOF a life movie accoglie i suoi spettatori su un attico del centro storico per osservare il paesaggio umano circostante.

    Alto e basso, nazionale e internazionale. La vocazione del Festival mira a creatività incrociate, a commissioni e progetti che partono da lontano e approdano sulle scene partenopee (come Le città visibili di Chay Yew e Barberio Corsetti), che oscillano come i laboratori Working for Paradise tra Berlino e Napoli. Ospitalità eccellenti come Christoph Marthaler o la punk danza di Karole Armitage. Non c’è un tema prescelto, ci si muove a intuito fiutando un tempo elettronico che si occupa di tutto e tutto contemporaneamente. Si torna ad ammiccare al barocco con Le Carnaval Baroque ideato da Vincent Dumestre ispirandosi alle feste carnevalesche e si guarda al futuro con qualche azzardo stimolante, come il progetto di affiancare ad autori emergenti come Sergio Longobardi (che adatta un testo di Juan Rodolfo Wilcock, Elisabetta e Limone) un team imprenditoriale che «in un momento come questo - sottolinea Quaglia - può diventare un’opportunità per far risaltare il proprio talento». Non è marketing nudo e crudo ma qualcosa di molto simile. Sta qui, forse, una delle caratteristiche mutanti del Festival che da un lato deve confrontarsi con i soliti riflessi condizionati (tipo essere tenuto a dare ospitalità ad artisti napoletani per il solo fatto di svolgersi a Napoli), dall’altro cerca di diventare una struttura incentivante, un laboratorio di propulsione di idee e nuove forme. Rinunciando al profilo forte (modello la Spoleto degli anni d’oro di Menotti) o alla vetrina bella e patinata (tipo Romaeuropa).

    Capire sulla carta (www.napoliteatrofestival.it) se dal cartellone verranno fuori scosse emozionanti e graffi per l’anima è previsione nebulosa. È l’incertezza tipica del divenire, ovvero del work in progress come si delinea questo Festival. Che intanto, però, diventa stabile, dopo essere stato concepito come triennale e pensato come Festival nazionale itinerante. Vincitrice del primo (e ora definibile come unico) concorso, Napoli si è aggiudicata il Festival per sempre. Ne siamo contenti, certo, per una città che ha il teatro nel sangue e che ha bisogno di riflettori per illuminare i suoi profili migliori e sostegno alle attività culturali, ma ci piacerebbe anche che questo paese non fosse così bizantino nelle sue direzioni. L’idea del Festival nazionale a rotazione nel territorio creò a suo tempo molti malumori e dissensi proprio perché metteva in ombra - ed economicamente toglieva fondi - alle molte realtà esistenti (alcune notevoli, altre piuttosto interessanti) già radicate come identità. Il paradosso della scelta di far diventare stanziale il Festival sta ora nelle stesse motivazioni contestate alle altre rassegne che chiedevano un riconoscimento: perché così il Festival si radica meglio, perché trova un’identità più definita, perché può crescere. Giusto. E gli altri?
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    Ho visto questo spettacolo in primavera al Manzoni di Milano. Riprenderà quest'autunno. E' veramente da vedere. Bellissimo!



    TO BE OR NOT TO BE


    di Maria Letizia Compatangelo
    dal soggetto di Melchior Lengyel
    con Giuseppe Pambieri, Daniela Mazzucato
    scene di Pier Paolo Bisleri
    canzoni di Nicola Piovani
    musiche di Pasquale Filastò
    regia di Antonio Calenda

    Una commedia gradevole, vivace, a tratti esilarante, ma niente affatto spensierata, se si mantiene in giusto equilibrio tra leggerezza e impegno contro le nefandezze della storia, nella fattispecie l’invasione nazista del 1939 in Polonia. È questo il segreto di To be or not to be, titolo shakespeariano con cui Maria Letizia Compatangelo adatta il soggetto dell’ungherese Melchior Lengyet, divenuto nel 1942 un film sopraffino – Vogliamo vivere, nella versione italiana – del grande Ernst Lubitsch. Sorridere e riflettere, dunque, grazie al gioco di specchi, travestimenti, disvelamenti, essere o non essere, che solo il palcoscenico consente e che in questo testo, da teatro nel teatro e a doppia faccia tra finzione e realtà, fa ritrovare a una colorata compagnia di attori le vie della salvezza, della dignità e della beffa anche alla logica truce del dittatore in baffetti. A conti fatti, emerge sottotraccia il filo rosso dell’elogio della fantasia e della bellezza, mediate dal mondo della scena, per paradosso luogo luminoso della verità in cui il re è sempre nudo. Merito anche dell’allestimento elegante firmato da Antonio Calenda e assecondato, in una numerosa compagnia, da due interpreti d’alta scuola come Giuseppe Pambieri e Daniela Mazzuccato.
     
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    Giovedì scorso sono andata a vedere lo spettacolo “Pene d'amor perdute” di W. Shakespeare con Marina Suma. No sò se era una serata "no", ma non l'ho apprezzato come altri.

    Eccovi la trama!

    Ferdinando re di Navarra e i suoi nobili amici hanno fatto giuramento di non dedicarsi a niente che non sia lo studio per tre anni di seguito; è quindi esclusa la frequentazione di compagnie femminili ed anche la sia pur minima confidenza con una donna; proprio quando è ora di mettere in pratica il proponimento, però, giunge alla corte di Ferdinando la figlia del re di Francia, insieme alle sue dame di compagnia, inviata dal vecchio padre per discutere di alcune cessioni territoriali: i giovani spagnoli non fanno in tempo a ricevere le nobili francesi in nome del protocollo di corte, che si ritrovano tutti innamorati chi dell'una chi dell'altra.

    Segue tutta una serie di schermaglie amorose, poiché quello che da parte degli spagnoli è un sentimento sincero, dalle giovani dame viene scambiato per null'altro che frivolezza; ma allorquando Ferdinando e gli altri si rivelano definitivamente in tutta la pienezza dei loro sentimenti, un messo porta improvvisa la notizia della morte del re di Francia, sicché le giovani dame devono abbandonare la Spagna per tornare in patria. Prima, però, una volta compresa la sincera natura del sentimento dei nobili spagnoli, fanno loro promettere che lo stesso sarà messo alla prova da un anno di eremitaggio, alla fine del quale, se il proponimento sarà rimasto immutato, esse acconsentiranno alle loro richieste.
     
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65 replies since 19/10/2008, 21:17   642 views
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