FABRIZIO DE ANDRE'

...amico fragile...

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. laura^
        Like  
     
    .

    User deleted


    Fabrizio De André

    nasce a Genova il 18 Febbraio 1940.

    Il padre, antifascista rifugiato nell'astigiano durante la guerra, torna a Genova con la famiglia solo nel '45. Qui Fabrizio frequenta le elementari, le medie, poi gli studi liceali, avvicinandosi alla poesia, alla musica e al teatro e stringendo amicizia con personaggi destinati come lui a diventare famosi, come Luigi Tenco, Bruno Lauzi, Paolo Villaggio e il regista Aldo Trionfo. Si iscrive alla facoltà di Legge, ma intanto suona chitarra e violino in concerti jazz e folk e scrive le prime ballate, sotto l'influenza di George Brassens e della musica trobadorica medievale: vocazione artistica che lo allontana inesorabilmente dal destino di avvocato e lo porta a rinunciare alla laurea.
    Il suo primo disco (ormai dimenticato) esce nel '58, seguito da altri 45 giri, ma la svolta artistica matura a meta' degli anni 60, quando Mina gli incide "La Canzone di Marinella", che si trasforma in un grande successo.



    ...continua...
     
    .
  2. dango
        Like  
     
    .

    User deleted


    un blog su De Andre'?? bell'idea Laura!
     
    .
  3. stemil
        Like  
     
    .

    User deleted


    Grande , meraviglioso, unico. Se lo amate come persona, poeta e musicista Vi consiglio caldamente la mostra su di lui che al momento si trova a Roma, all Ara Pacis ma per diverso tempo è stata nel suo luogo d'origine a Genova.
    L'anno scorso ascoltare le sue canzoni in cuffia passeggiando per i vicoli della Città Vecchia e sul porto è stata un esperienza piacevolissima...
    Ora non posso inserire nulla ma torno, Bell'idea Laura
     
    .
  4. Markettino76
        Like  
     
    .

    User deleted


    Artista meraviglioso... :wub: :wub:
     
    .
  5. marina.1
        Like  
     
    .

    User deleted


    U a utentico compagno nel viaggio della vita! Gli devo moltissimo...
     
    .
  6. Ireth74
        Like  
     
    .

    User deleted


    Bellissima idea Laura, un topic dedicato al grande Faber!
    Chè tu sai quanto io lo ami!!
    :wub: :wub:
     
    .
  7. laura^
        Like  
     
    .

    User deleted



    1966. Primo Album


    image


    Tutto Fabrizio De André (1966) è il primo album di Fabrizio De André, ma si tratta di un'antologia dei dieci singoli pubblicati dal cantautore genovese nel corso degli anni '60.

    Fu ristampato due anni dopo, nel 1968, dalla Roman Record Company e pubblicato con una copertina diversa e con il titolo La canzone di Marinella.
    Conoscerà altre numerose ristampe con titoli e copertine diverse.


    LATO A

    La ballata dell'amore cieco (o della vanità) (1966) - 2:50
    Amore che vieni, amore che vai (1966) - 2:40
    La ballata dell'eroe (1961) - 2:40
    La canzone di Marinella (1964) - 3:11
    Fila la lana (1965) - 2:22

    LATO B

    La città vecchia (1965) - 3:21
    La ballata del Miché (1961, Fabrizio De André/Clelia Petracchi) - 2:44
    La canzone dell'amore perduto (1966) - 3:40
    La guerra di Piero (1964) - 3:25
    Il testamento (1963) - 4:06



    da Wikipedia :rolleyes:





    Amore che vieni, amore che vai





    ovvero la mutevolezza dell'amore e la sua contradditorieta'

    Testo della canzone:

    Quei giorni perduti a rincorrere il vento
    a chiederci un bacio e volerne altri cento
    un giorno qualunque li ricorderai
    amore che fuggi da me tornerai
    un giorno qualunque ti ricorderai
    amore che fuggi da me tornerai
    e tu che con gli occhi di un altro colore
    mi dici le stesse parole d'amore
    fra un mese fra un anno scordate le avrai
    amore che vieni da me fuggirai
    fra un mese fra un anno scordate le avrai
    amore che vieni da me fuggirai
    venuto dal sole o da spiagge gelate
    perduto in novembre o col vento d'estate
    io t' ho amato sempre , non t' ho amato mai
    amore che vieni , amore che vai
    io t' ho amato sempre , non t' ho amato mai
    amore che vieni , amore che vai


    ... continua....


    son contenta che il topic vi piaccia :wub:

    Edited by Ireth74 - 10/4/2010, 10:36
     
    .
  8.     Like  
     
    .
    Avatar

    Millennium Member

    Group
    amico dell'Oasi
    Posts
    110,312
    Reputation
    0
    Location
    Piemonte

    Status
    Anonymous
    Laura, che bell'idea aprire un topic sul grande Fabrizio. Le sue canzoni sono poesia. Lo adoro!



    La canzone dell'amore perduto



     
    .
  9. dango
        Like  
     
    .

    User deleted


    La mia preferita tra la canzoni dell'album : La guerra di Piero....Bella, triste e struggente.

     
    .
  10. stemil
        Like  
     
    .

    User deleted


    una canzone dedicata proprio a Genova...
     
    .
  11. laura^
        Like  
     
    .

    User deleted



    L’EUROPEO - n.11 - 13/03/69

    Un nuovo fenomeno nel mondo della canzone

    E’ IN TESTA ALLE VENDITE DEI DISCHI A 33 GIRI

    Si chiama Fabrizio De Andrè: nei suoi versi da liceo classico c’è di tutto, da Villon a Pascoli



    IL SIGNOR Fabrizio de André, genovese, ventotto anni, benestante, un po' poeta, è da due anni in testa alla classifica dei dischi longplaying più venduti in Italia. Vende più longplaying lui di Mina, di Celentano, di Morandi, dei Beatles, di Barbara, di Brassens, e non lo sa nessuno. Scrive e canta canzoni difficili, irripetibili, letterarie, piene di parole ottocentesche. Il suo nome non è affatto popolare; tuttavia, qualsiasi cosa De André proponga, qualsiasi parolaccia o parolona sia contenuta nei suoi versi, non ci sono dubbi: il disco a trentatré giri, lungo e costoso, arriverà certamente a cinquantamila copie: il massimo che il mercato italiano sinora riesca a ingoiare.

    L'ultima cantata di Fabrizio de André (cantata in si minore per solo, coro e orchestra) dura quaranta minuti: parla di drogati, di paura, di impiccati, di cimiteri e s'impenna, nel finale, in un recitativo che è una invocazione alla pietà. Da Francois Villon a Pascoli, c'è di tutto: come un'indigestione di poesia. Il solo passo orecchiabile del disco è un intermezzo ossessivo che dice cose belle ma incomprensibili come: « Sopra le tombe di altri mondi nascono fiori che non so. Ma fra i capelli d'altri amori muoiono fiori che non ho ». Be', il disco è già un best seller: e lo è tra le ragazzine, gli studenti, i professori dì scuola media. Dicono che « fa piangere ». Adesso, con Fabrizio de André, cerchiamo di capire il mistero per cui l'Italia, quasi senza accorgersene, ha creato un personaggio destinato a una popolarità sicura, essendogli grata di farla piangere con i versi e la musica più difficili che mai abbia avuto la canzone italiana.

    Ha moglie, due figli, una casa borghese piena di «cose vecchie, non antiche». È figlio dell'amministratore delegato di uno degli imperi industriali più potenti d'Europa. Nasce da una famiglia «peggio che borghese, addirittura mezza nobile con infiltrazioni sabaude ». Guadagna, coi dischi e tutto, non più di mezzo milione al mese.

    « II fatto è », mi dice, « che perdo un sacco di soldi in cose che non faccio ne voglio fare. Niente festival, niente serate. La mia quotazione è, oggi, di cinquecentomila lire per ogni serata in pubblico: le ultime offerte sono di un milione. Io rifiuto ». Rifiuta, aggiunge, perché ha paura del pubblico e perché ritiene che quando un cantante si esibisce con una chitarra davanti a una folla debba, in qualche modo, « fare spettacolo ». Lui non sa fare spettacolo: « Sto lì impalato e spaurito ». Ma la verità più vera è un'altra: « Io ci ho messo più di dieci anni ad avere successo, e l'ho avuto in maniera clandestina. Le mie canzoni sono passate di amico in amico, di bocca in bocca. I miei primi dischi si vendevano quasi sottobanco. Quel poco di campagna pubblicitaria che qualcuno ha voluto fare su di me, anni fa, è stato un disastro: una volta mi hanno sbalestrato in televisione, per Quindici minuti con... in mezzo ad archi di cartone e lampade liberty. Mi faceva schifo. Tant'è vero che non è servito a niente dì niente. Ha funzionato, invece, da un paio d'anni a questa parte, questa mia fama di cantautore clandestino, di cantautore scoperto nei fondi di magazzino di qualche negozio di dischi e consigliato agli amici come una "finezza". Finezza un corno, poi: perché le mie prime canzoni, quelle del '60, diventate celebri soltanto oggi, erano più un divertimento goliardico zeppo d'irriverenze che altro.

    Insomma, io ancora oggi non so se son diventato famoso perché per primo ho cantato la parola puttana, perché ho unbei tono di voce o perché, avendo un po' di tutto questo e qualche dote, sono rimasto a lungo nella clandestinità. Due anni fa, all'improvviso, senza una ragione che io sappia, i miei dischi sono balzati in testa alle classifiche. Ho cambiato casa discografica e tra i patti concertati a tavolino abbiamo inserito questo: niente pubblicità per Fabrizio de Andre, lasciamolo nell'ombra e sarà il miglior modo per venderlo, per costringer la gente a cercarlo. Ieri, proprio ieri, vado dal mio editore a dirgli che ho rifiutato due trasmissioni televisive. Un altro cantante l'avrebbero scannato. A me hanno detto: bravo, è giusto ».

    Quindi, Fabrizio, il suo riserbo, i suoi grandi rifiuti non c'entrano molto con il suo disprezzo per la canzone corrente. Sono un mezzo come un altro per...

    Un compromesso, certo. Io sono un onesto a metà, o un truffatore a metà. Come preferisce. Se fossi onesto del tutto, non accetterei di mettere il mio faccione spettinato, in posa da poeta maledetto sulla copertina di un longplaying. Se fossi un truffatore del tutto, sarei andato a Sanremo con la canzone che mi avessero imposta. Se fossi un poeta vero scriverei poesie, se non fossi poeta affatto non scriverei niente. Sono quindi un venduto, come gli altri, ma, ancora una volta, lo sono a metà. Ripeto: non conosco bene i motivi per cui le mie canzoni piacciono. Ora voglio fare un esperimento: prendere delle vecchie canzoni, come 'O sole mio, e inciderle: se vanno, vuoi dire che la gente compra solo la mia voce. Se non vanno, vuoi dire che compra le mie canzoni con tutto il pasticcio letterario che c'è dentro. Ma se scoprissi che la gente compra solo la mia voce continuerei a cantare vecchie canzoni, cose autentiche, testi di Di Giacomo o di D'Annunzio, e non la venderei mai, questa voce, per cantare Zingara.

    Ce l'ha con Bobby Solo?

    Per niente. Non è nemmeno stupido, Bobby Solo, anzi. Però è in mano ai discografici. I discografici hanno imposto boiate con la sua voce e lui non può difendersi. Il mio vantaggio è che i discografici, gli editori, hanno capito che Fabrizio De André piace al suo pubblico per quel che è, per le stramberie che presenta. E gliele lasciano fare. Me le lasciano fare, queste canzoni, non perché siano belle o brutte, ma perché sono legate a un personaggio, e questo personaggio, Dio sa come, sono io. Provi un altro, uno qualsiasi, uno sconosciuto a presentarsi a un editore con testi e musiche di canzoni come le mie: lo sbatterebbero fuori a calci. Lo piglierebbero per matto.

    Lei, Fabrizio, ci crede davvero al livello intellettuale, culturale, letterario, poetico, come vuole, delle sue canzoni? Non le viene mai il sospetto di fare il gioco che fanno tutti, solo in maniera inversa?

    Poniamo: Zingara va perché è volgare. Le sue canzoni vanno perché sono apparentemente difficili. Si tratta sempre di qualcosa che va al pubblico attraverso una mezza fregatura.

    C'è fregatura e fregatura, scusi. La mia è una fregatura di buon livello, spero: che non danneggia il gusto, e che anzi, di quando in quando, porta il pubblico della canzone a riascoltare versi veramente buoni. No, non dico i miei versi; ma quelli degli altri, di poeti grandi, veri classici, che io ogni tanto rubacchio dai testi sacri e li riinfilo nelle mie canzoni. Un po' di Villon... un po' di questo, un po' di quello. A parte il fatto che io, nelle mie canzoni, cerco di fare un discorso, un ragionamento. Cosa che, d'altronde, ha fatto anche Adriano Celentano: un cantautore di prima razza. Non per niente ha dovuto metter su una casa discografica per proprio conto. Che cosa fa Celentano? Racconta, ragiona. Come faccio io, a mio modo. L'ultimo mio disco: titolo: Tutti morimmo a stento: diverse canzoni tenute insieme, oltre che dal tono, dall'appartenere a un solo discorso. C'è, in ogni uomo, una carica di aggressività feroce senza la quale l'uomo non è più uomo. Di quest'aggressività non possiamo fare a meno senza castrarci. Come difenderci allora? Con la pietà, con tanta pietà...

    E tutto questo, dal disco, si capisce?

    Magari no.

    Allora siamo sempre alla truffa.

    Non è vero. Perché io sono in testa alla classifica dei longplaying, i dischi grandi a trentatré giri, e non riesco a vendere un accidente nei piccoli quarantacinque giri? Perché le mie canzoni prese singolarmente, una per una, come le può offrire lo spazio ridotto del quarantacinque giri, lì per lì piacciono magari, ma dal momento che non si capiscono immediatamente non soddisfano. Tutte insieme danno l'idea di un unico discorso, costringono la gente a pensare, a chiedersi: ma che cosa diavolo vuol dire questo Fabrizio De Andre? Sentono il disco una volta, una seconda, una terza, si affezionano alle canzoni, ci ragionano su in poltrona, accanto al giradischi, e poi mi danno il voto. Un voto niente male.


    È un poeta lei? Un filosofo?


    No, io sono uno che a dodici anni parlava francese in casa con suo padre e a diciotto aveva letto quasi tutti i poeti francesi. A diciotto anni mi sono iscritto all'università, facoltà di lettere, solo perché era la facoltà, qui a Genova, con il maggior numero di ragazze (poi ho fatto due anni di medicina e uno di legge senza concludere niente). All'università, e anche prima, al liceo, scrivevo poesie. Cantavo i fianchi delle mie compagne di scuola, niente di serio. Ma lessi Croce, l'Estetica, dove dice che tutti gli italiani fino a diciotto anni possono diventare poeti, dopo i diciotto chi continua a scrivere poesie o è un poeta vero o è uncretino. Io, poeta vero non lo ero. Cretino nemmeno. Ho scelto la via di mezzo: cantante. Erano gli anni, figuriamoci, di Vola colomba. Dire: faccio il cantante era come sputarsi in faccia. Scelsi di farlo usando versi buoni, rubacchiandone, copiando, ogni tanto inventando. Con Paolo Villaggio facemmo la mia canzone « sconcia » più famosa: Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers. Lo avevo trovato, sulla chitarra, un motivo medievale che mi suonava così: Rè Carlo ritorna dalla guerra, e, dico la verità, pensavo a Carlo Magno. Paolo Villaggio mi consigliò di lasciar stare Carlo Magno e di cantare, invece, Carlo Martello, trionfatore della battaglia dì Poitiers, perché la battaglia di Poitiers è la più importante, forse, della vecchia storia d'Europa. Capito com'eravamo? Un po' goliardi, un po' intellettuali, un po' sporcaccioni. Con una fava pigliavamo molti piccioni: facevamo gli scapigliati, i colti, i demistificatori, i protestatari di allora (anno '60), dicevamo la parola puttana in una canzone, tutto lasciando intendere che conoscevamo la musica antica e la storia. Poi abbiamo migliorato.

    Mina, ha cantato una sua canzone, Marinella. È curioso, Fabrizio. Questa canzone Mina l'ha cantata più di un anno fa, all'inizio del suo boom. Eppure i suoi fan mi hanno detto che Marinella è una canzone bruttina, un prodotto spurio...

    Una tavoletta zeppa di concessioni retoriche, è vero. Uno come me, quando ha quasi trent'anni, deve pur pensare che non ha nè cassa malattie nè pensioni: e la famiglia, Gesù, è una cosa concreta. Quindi pensa anche al guadagno.

    Allora perché non va a Sanremo? O perché non affida tutte le sue canzoni, anche le più difficili, a cantanti celebri come Mina?

    L'ho già detto. Primo: mi vendo, ma solo a metà. A Sanremo ci andrò quando mi faranno cantare laggiù il Cantico dei drogati, cioè mai. Secondo: perché lasciare a Mina, o ad altri, le mie canzoni quando tutti sanno che se l'autore di una canzone non è stonato il pubblico preferisce comprarla cantata da lui?

    Il discorso è questo: i quarantacinque giri interpretati da cantanti famosissimi vanno a centinaia di migliaia di copie perché sono indirizzati dai discografici verso un pubblico non volgare di natura ma sicuramente involgarito. Se una Rita Pavone cantasse una delle mie canzoni, non farebbe altro che tradire quello che è il suo pubblico, quindi verrei a perderci. Chi viceversa ama le mie canzoni preferisce comprarle cantate da me, l'autore, anziché da Rita Pavone. È semplice, in fondo. Semplice come il fatto che io, poeta maledetto o no, vedo il mio futuro in una cifra: duecento milioni, salva la dignità di non vendermi del tutto. Duecento milioni in banca, a spese di un linguaggio canzonettistico che, forse, è un po' più su di quello corrente. Ottenuto quello, ti saluto!


    Cioè? Lei non crede alla durata delle sue canzoni?

    Durata? No, non ci credo. Tra dieci anni le mie canzoni non esistono più nemmeno nella memoria. Tra dieci anni o ho inventato qualcosa di grosso, di immortale, che adesso non mi passa nemmeno per la testa, oppure ho una barca e navigo il mondo mentre la mia famiglia campa di rendita.

    Ma se ci crede così poco alle sue canzoni, Fahrizio, perché non trasforma i suoi duecento milioni potenziali in due miliardi? Perché non si vende del tutto e poi si compra un transatlantico invece di una barca? Potrebbe comprarselo subito...

    Ma rimane la bocca amara, la nausea.

    Scusi: Morandi è un protestatario come lei...

    Io non sono affatto un protestatario. Va be': Morandi è uno che sa cantare e che ha le sue idee: eppure non si vergogna per niente di sottoscrivere Zingara. Accetta il proprio personaggio.

    Anch'io accetto il mio personaggio. È colpa mia se Fabrizio de André corrisponde a un personaggio che non si lascia ingoiare dai fabbricanti di canzoni?


    Lei è ricco di famiglia, Fabrizio.

    Ho sfruttato mio padre finché non mi sono sposato. Poi non ho più voluto una lira. Dico una lira. Fino a e anni fa ho lavorato in una scuola privata facendo di tutto, dal bidello all'insegnante.

    Riceve delle lettere, Fabrizio?
    Sì, trenta o quaranta al mese.

    Morandi un migliaio. Chi scrive a lei?
    Poeti inespressi, studenti, strane persone che cominciano la lettera così: « Signor Fabrizio, mi vergogno di scrivere a un cantante », eccetera eccetera. Critici letterarì. Poi, di quando in quando, escono sui giornali recensioni alle mie canzoni fatte da letterati che dicono: ecco, questo è un poeta.

    Siamo già d'accordo: lei non si ritiene un poeta.

    No... no, no. Non lo-so.

    *

    FABRIZIO DE ANDRÉ non ha mai cantato canzoni folk, tantomeno canzoni impegnate nel senso ormai abusato del termine. Mentre veniva di moda la canzone popolare, Fabrizio scriveva versi da liceo classico. Il suo inaspettato successo di oggi è, per la prima volta nella storia del nostro costume, il trionfo del liceo.

    Adriano Botta

     
    .
  12. stemil
        Like  
     
    .

    User deleted


    Cioè? Lei non crede alla durata delle sue canzoni?

    Durata? No, non ci credo. Tra dieci anni le mie canzoni non esistono più nemmeno nella memoria. Tra dieci anni o ho inventato qualcosa di grosso, di immortale, che adesso non mi passa nemmeno per la testa, oppure ho una barca e navigo il mondo mentre la mia famiglia campa di rendita.

    Fabriiiii !!!!l'avevi già scritto qualcosa di immortale e non lo sapevi.. però te l'avrei augurato di poter navigare il mondo.. Ciao
     
    .
  13. Ireth74
        Like  
     
    .

    User deleted


    1967 - Volume 1

    image

    1 - Preghiera in Gennaio (Testo e Musica di Fabrizio De André)
    2 - Marcia Nuziale (Testo italiano Fabrizio De André - Testo e Musica di Georges Brassens)
    3 - Spiritual (Testo e Musica di Fabrizio De André)
    4 - Si chiamava Gesù (Testo e Musica di Fabrizio De André)
    5 - Barbara (Testo e Musica di Fabrizio De André)
    6 - Via del Campo(1) (Testo di Fabrizio De André - Musica di Enzo Jannacci)
    7 - Caro amore/ La stagione del tuo amore (2) (Testo di Fabrizio De André - Musica di Joaquin Rodrigo)
    8 - Bocca di rosa(1) (Testo e Musica di Fabrizio De André)
    9 - La morte [Le verger du roi Louis] (Testo Fabrizio De André - Musica di Georges Brassens)
    10 - Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers (Testo di Fabrizio De André e Paolo Villaggio - Musica di Fabrizio De André)

    Prodotto da Giampiero Reverberi e A. Malcotti
    (1) Arrangiamenti e direzione orchestra di Giampiero Reverberi
    (2) Musica tratta da "Concerto di Aranjuez" di Joaquin Rodrigo

    Nelle tarde edizione del 1967 al posto di "Caro amore" venne messa "La stagione del tuo amore"
    Via del campo: musica del XVI secolo, tratta da una ricerca di Dario Fo e Enzo Jannacci

    Le prime nove tracce dell'album erano nuove, la decima, Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers, è un ri-arrangiamento del singolo del 1963.

    Questo disco viene pubblicato in mono dalla Bluebell nel maggio 1967 con la copertina marrone e con un'introduzione all'album scritta da Giuseppe Tarozzi, e poi ristampato in versione stereo quattro mesi dopo con una copertina fotografica con il viso di De André a colori in un cerchio e l'introduzione di Tarozzi sostituita con una scritta da Cesare Romana.

    Le due edizioni del disco differiscono anche per il testo di Bocca di Rosa: il paese di San Vicario viene modificato in Sant'Ilario nella seconda versione, mentre la strofa "Spesso gli sbirri e i carabinieri al proprio dovere vengono meno / ma non quando sono in alta uniforme e l'accompagnarono al primo treno" fu modificata (dietro "cortesi pressioni dell'Arma dei Carabinieri") in "Il cuore tenero non è una dote di cui sian colmi i carabinieri / ma quella volta a prendere il treno l'accompagnarono malvolentieri".

    Si delinea in questo album quello che sarà lo stile musicale di De André, un abbinamento di melodie semplici e allo stesso tempo ricercate con la chitarra e un testo poetico con soggetti spesso tratti ai margini della società.

    Fonti: Wikipedia e viadelcampo.com


    VIA DEL CAMPO





    Via del Campo c'è una graziosa
    gli occhi grandi color di foglia
    tutta notte sta sulla soglia
    vende a tutti la stessa rosa.

    Via del Campo c'è una bambina
    con le labbra color rugiada
    gli occhi grigi come la strada
    nascon fiori dove cammina.

    Via del Campo c'è una puttana
    gli occhi grandi color di foglia
    se di amarla ti vien la voglia
    basta prenderla per la mano

    e ti sembra di andar lontano
    lei ti guarda con un sorriso
    non credevi che il paradiso
    fosse solo lì al primo piano.

    Via del Campo ci va un illuso
    a pregarla di maritare
    a vederla salir le scale
    fino a quando il balcone ha chiuso.

    Ama e ridi se amor risponde
    piangi forte se non ti sente
    dai diamanti non nasce niente
    dal letame nascono i fior
    dai diamanti non nasce niente
    dal letame nascono i fior.


     
    .
  14. stemil
        Like  
     
    .

    User deleted


    Che emozione trovarsi a Via del Campo (ovviamente non essendo genovese l'emozione è particolare) e passare nel negozio che in qualche modo sembra a lui dedicato.
     
    .
  15. Ireth74
        Like  
     
    .

    User deleted


    Preghiera in gennaio

    De André dichiarò di averla scritta al ritorno dal funerale di Luigi Tenco amico cantautore di De André morto suicida nel gennaio 1967.

    Il testo è ispirato ad una poesia di Francis Jammes, un poeta francese dei primi del novecento, Prière pour aller au paradis avec les ânes.




    Lascia che sia fiorito
    Signore, il suo sentiero
    quando a te la sua anima
    e al mondo la sua pelle
    dovrà riconsegnare
    quando verrà al tuo cielo
    là dove in pieno giorno
    risplendono le stelle.

    Quando attraverserà
    l'ultimo vecchio ponte
    ai suicidi dirà
    baciandoli alla fronte
    venite in Paradiso
    là dove vado anch'io
    perché non c'è l'inferno
    nel mondo del buon Dio.

    Fate che giunga a Voi
    con le sue ossa stanche
    seguito da migliaia
    di quelle facce bianche
    fate che a voi ritorni
    fra i morti per oltraggio
    che al cielo ed alla terra
    mostrarono il coraggio.

    Signori benpensanti
    spero non vi dispiaccia
    se in cielo, in mezzo ai Santi
    Dio, fra le sue braccia
    soffocherà il singhiozzo
    di quelle labbra smorte
    che all'odio e all'ignoranza
    preferirono la morte.

    Dio di misericordia
    il tuo bel Paradiso
    lo hai fatto soprattutto
    per chi non ha sorriso
    per quelli che han vissuto
    con la coscienza pura
    l'inferno esiste solo
    per chi ne ha paura.

    Meglio di lui nessuno
    mai ti potrà indicare
    gli errori di noi tutti
    che puoi e vuoi salvare.

    Ascolta la sua voce
    che ormai canta nel vento
    Dio di misericordia
    vedrai, sarai contento.

    Dio di misericordia
    vedrai, sarai contento.
     
    .
91 replies since 9/4/2010, 22:24   3215 views
  Share  
.